Haeneyo: le pescatrici di Jeju
Di Alessia Casteni
Nel mare dell’isola di Jeju, la maggiore isola vulcanica a sud-ovest della penisola coreana, tra le tante meraviglie della natura possiamo incontrare anche le Haeneyo: le donne coreane diventate famose per la loro pesca professionale in apnea.
La tradizione subacquea dell’isola è iniziata nel lontano 434 dopo Cristo, ma all’inizio erano principalmente gli uomini ad immergersi, occasionalmente accompagnati dalle loro consorti.
È solo nel 1700 che le donne iniziano ad essere parte fondamentale delle immersioni e le figure femminili scalzano quelle maschili poiché molti uomini erano morti durante la guerra o per incidenti subacquei durante le immersioni.
Le donne, inoltre, sembravano avere una migliore predisposizione biologica all’attività subacquea, in quanto il grasso corporeo sottocutaneo, maggiormente presente nel fisico femminile, è ideale per combattere le basse temperature in profondità.
Con quali equipaggiamenti si immergono le Haeneyo?
Inizialmente l’unica protezione era una muta fatta di panni sovrapposti (nebok), adattabili anche in caso di gravidanza, poi dagli anni ‘70 hanno cominciato ad utilizzare un muta autentica corredata da una maschera.
Le pescatrici, inoltre, si avvalgono di alcuni strumenti per la pesca: un raffio (asta ad uncino), una pala per raschiare il fondale, i guanti ed alcuni pesi per facilitare l’immersione.
Segnalano quindi la loro presenza in acqua con un galleggiante a cui è attaccata una rete per raccogliere il pescato.
Le Haeneyo si immergono senza ossigeno per due minuti alla volta e raggiungono una profondità superiore ai 10 metri. Ritornano spesso in superficie per buttare fuori il diossido di carbonio generato durante l’apnea; il tipico suono che producono durante questo atto si chiama Sumbi- Sori e permette alle Haeneyo di individuare le compagne in mare aperto.
Le immersioni possono ripetersi fino a sette volte in un giorno.
Vengono pescati frutti di mare, alghe e polpi.
Come ci si prepara per l’immersione?
Le Haeneyo si raccolgono in un Bulteok (insenatura rocciosa vicino al mare ma protetta dalle acque, con un falò al centro) dove le pescatrici si cambiano prima dell’immersione, condividono idee sulle tecniche di pesca e possono riposarsi.
Ogni primavera le Haeneyo dedicano una benedizione a Haeneyogut, divinità del mare, e fanno un Gideurim: preparano alimenti come uova e riso, li avvolgono nella carta e li buttano nel mare come preghiera per il benessere della loro famiglia e la loro incolumità durante il lavoro.
Come si diventa Haeneyo?
Un cuore coraggioso e una buona tempra fisica sono caratteristiche fondamentali per affrontare un mestiere che può portare ogni giorno faccia a faccia con la morte.
La tradizione si tramandava di madre in figlia ma oggi esistono scuole per formare le future pescatrici subacquee.La formazione in passato iniziava presto: a partire dagli 11 anni per 7 anni.
Le Haeneyo erano poi suddivise in categorie in base alla loro abilità: Hagun, le principianti; Junggun, le intermedie; Sanggun, le esperte che guidano le altre
Oggi gran parte della Haeneyo appartiene alla generazione passata e si colloca tra i 50 e gli 80 anni d’età.
Perché il mestiere delle Haeneyo è parte integrante del territorio coreano?
Questo tipo di pesca è altamente eco-sostenibile, tanto che dal 2016 è diventata parte del patrimonio intangibile UNESCO.
L’attività, infatti, è realizzata senza utensili o sostanze nocive per l’ecosistema marino. Inoltre, per preservare la flora e la fauna del mare, le pescatrici seguono un calendario che proibisce la pesca nelle stagioni riproduttive delle diverse specie.
In che modo il lavoro delle Haeneyo ha cambiato la società?
La pesca delle donne di Jeju ha valorizzato la condizione sociale femminile creando un vero e proprio matriarcato e valorizzando il lavoro della donna che è diventata la prima produttrice di reddito in famiglia. Agli inizi degli anni ‘60, per esempio, i raccolti delle Haeneyo rappresentavano il 60% del reddito delle pescherie di Jeju e il 40% dei mariti delle donne del mare rimaneva disoccupato.
Questi cambiamenti sociali hanno portato a vere e proprie rivoluzioni famigliari con un’inversione dei ruoli tradizionali di genere: gli uomini si occupavano dei bambini e degli acquisti mentre le donne lavoravano per provvedere alla famiglia.
In vista del matrimonio era l’uomo a pagare una dote alla famiglia della sposa e la nascita delle bambine era celebrata, al contrario di quella dei maschi.
Quanto guadagnano le Haeneyo?
Anche se l’attività è impegnativa e gravosa la paga purtroppo è piuttosto bassa: le Haeneyo guadagnano circa 200 dollari al mese, praticamente nulla rispetto alle pescatrici di perle AMA giapponesi.
Le donne del mare, però, sono note per il loro spirito indipendente, la determinazione e la volontà di ferro. Sono rappresentanti perfette della struttura di famiglia matriarcale di Jeju.
Il mestiere delle Haeneyo è ancora popolare?
Le Haeneyo sono attualmente le uniche ad avere il diritto di vendere i frutti di mare freschi secondo il Governo Coreano.
A causa dei cambiamenti sociali e del turismo crescente nell’area di Jeju però, le donne hanno maggiori opportunità di lavoro e diventano pescatrici con una frequenza sempre inferiore.
I dati più recenti confermano che il 98% delle Haeneyo ha più di 50 anni.
Se ne parla anche in Italia..
Nel 2019 all’interno del festival OperaEstate (danza, teatro, musica) a Bassano del Grappa è stata presentata dal colletivo artistico coreano Elephants laugh una danza dedicata alle Haeneyo dal titolo “Muljil”.
Jin Yeob Lee, artista di Elephants laugh, ha creato uno spettacolo interattivo con cabine colme d’acqua dove gli artisti si muovono immersi a raccontare le loro storie. Lo spettacolo evoca viaggi e incontri, un crocevia di vita e morte, a cui l’attività delle Haenyeo è legata, che si intersecano a storie di migranti.
L’opera è una metafora dell’incontro con la morte, la sfida di resistere e trovare la forza di tornare a galla.
Il forte legame tra queste donne, unite per un obiettivo comune e le tradizioni che le accompagnano, fatte di riti sciamanici, amore per la natura e canti propiziatori, le rende figure uniche ed inossidabili al passare del tempo.
Sono un esempio ammirabile della forza femminile che ha reso un mestiere umile un marchio culturale distintivo dell’intera Corea.