I giovedì della Luna. Incontri di donne e di libertà.
Di Caterina Frusteri Chiacchiera
Giovedì ho incontrato “le mie donne”, le donne dei Giovedì della Luna: siamo una decina, un gruppo a metà tra un circolo di autocoscienza, un circolo del libro e un Cerchio delle Donne. Siamo nate durante il Lock Down, ascoltando il nostro bisogno di vicinanza e condivisione rispetto ai nostri vissuti, e abbiamo miracolosamente continuato a trovarci anche dopo.
Non vogliamo definirci, non vogliamo etichette: siamo amiche? Siamo compagne? Siamo femministe? Siamo noi stesse, è già un bel traguardo.
L’ho cercato per tutta una vita uno spazio così, una dimensione in cui potessi esprimermi apertamente in quanto donna, in cui potessi trovare identificazione, in cui poter parlare senza tabù di ciò che nella vita quotidiana non trova luogo: di emozioni, anche quelle scomode (paura; rabbia… ), di relazioni tra generi, di relazioni tra noi, di corpi, di creatività, di instabilità (dovuta a volte agli ormoni, a volte all’estro creativo, a volte semplicemente c’è e basta… ).
Noi abbiamo deciso di costruirci questo momento tutto nostro, in cui darci reciprocamente sostegno, incoraggiamento senza giudizio. Non c’è nessuna “esperta”, nessuna dà consigli o “ricette”: perché non c’è niente da aggiustare in noi, andiamo già benissimo così.
All’inizio ci siamo trovate tramite passaparola, un pò per affinità, un pò per curiosità.
Ad ogni incontro portiamo noi stesse, ciò che di noi stesse vogliamo portare, senza vincoli e senza obblighi, e ci scambiamo accoglienza e ascolto.
Non abbiamo velleità rivoluzionarie, ma, almeno per me, la rivoluzione sta avvenendo davvero.
Abbiamo improvvisato tutto: non sapevamo come si sarebbero svolte le nostre “riunioni” e ancora oggi non abbiamo quasi nulla di definito.
Sperimentazione, libertà, anche caos… che meraviglia mollare il controllo!
Mettiamo in comune le nostre vulnerabilità, le nostre intime autenticità, libere da titoli, professioni e convenzioni, cercando di mettere da parte, almeno per un po’, i nostri ruoli di persone efficienti e performative, come ci vuole la società.
Sì, a volte facciamo cose da streghe: parliamo di autoguarigione, di rimedi naturali, di cicli lunari e di riti. Ridiamo molto di questo: quanta leggerezza, e quanto ne bisogno abbiamo!
Discutiamo di libri, di politica, di lavoro, di dinamiche sociali: temi molto seri e impegnati; e quanto bisogno sentiamo anche di prenderci ed essere prese sul serio!
Osiamo persino avere il coraggio di fare arte e cultura, e ci supportiamo in questo.
Siamo single, conviventi, sposate, madri, figlie… siamo donne e, come scrive la poetessa Opal Palmer Adisa, è più che abbastanza.
Ci confrontiamo sulle fasi del nostro ciclo mestruale, che non arriva mai in maniera discreta e silenziosa, come vogliono farci credere i miti sociali; sugli aspetti piacevoli e meno piacevoli della menopausa; sul desiderio, o no, di avere figli; sulle paure per il parto; sulla rabbia per come viene trattato il nostro corpo in ambito medico, e non solo; sulle lotte vissute sulla nostra pelle per riuscire, in quanto donne, a fare scelte libere, senza essere limitate dalle aspettative collettive.
Riveliamo i nostri conflitti, con gli altri, ma soprattutto con noi stesse: non c’è nessuna, tra noi, che non abbia subito il veleno del perfezionismo.
E ci facciamo dei complimenti, gratuiti, spontanei: ah, come sciolgono millenni di svalutazioni. Quante lacrime sentendo le parole “sei bellissima”. Le aspettiamo tutte da una vita.
Ci raccontiamo dei nostri sogni, dei nostri obiettivi, dei nostri desideri di realizzazione, della paura di fallire, ma anche di avere successo.
Narriamo della cura del rapporto con noi stesse e con gli altri.
Ci confidiamo quanto sia bello, difficile, ma necessario, trovare tempo per noi, per coltivare la nostra solitudine.
Ci diamo appoggio per quando saremo chiamate a compiere le nostre sfide nel mondo.
Portiamo le nostre esperienze sulle relazioni sentimentali, familiari, amicali, lavorative.
Ne viene fuori un intero universo, ricco di sfumature, di differenze, di stimoli, di ispirazioni; donne autentiche, eclettiche, complete, complesse, mai riducibili a stereotipi, mai banalizzabili.
Dopo ogni incontro mi sento nutrita, energica, carica per settimane. E cosa più importante: mi sento gioiosa.
Non so come sia possibile sentirmi così intimamente compresa (e comprendere) donne che magari conosco appena, ma con le quali sento di avere in comune diverse reincarnazioni.
Le donne si incontrano per sostenersi tra loro praticamente da sempre: penso ai legami di genealogia e discendenza femminile, alle così dette “tende rosse”, ai circoli del cucito, dentro cui si creavano interi universi, ai movimenti politici, dalle prime suffragette ai circoli di autocoscienza degli anni ‘60 e ‘70; penso alle realtà di oggi di ricerca di un’identità comune, come accade, ad esempio, nell’associazioni di donne migranti, nelle associazioni artistiche e culturali al femminile, nei gruppi di terapia e di auto mutuo aiuto.
Ci sarebbero motivazioni storiche, culturali, politiche, economiche, antropologiche, psicologiche e persino archetipali per spiegare il perché ciò è avvenuto e ancora avviene.
Ma in questo momento della mia vita, a me basta sapere che le “mie” donne del Giovedì della Luna ci sono, radiose e fiere, ogni settimana, e che incontrando loro, scopro, ogni volta, nuove parti di me.
E senza la pretesa di dare lezioni a nessuna sono fermamente convinta che per ognuna di noi che si senta sola, isolata, disconnessa da se stessa, c’è un gruppo di donne da creare che l’aspetta.