Vulvodinia: La nuova proposta di legge è un passo in avanti per i diritti delle donne
di Sofia Brizio
La vulvodinia è una condizione che colpisce moltissime donne (circa il 16% della popolazione) ma di cui si parla ancora poco. Fortunatamente, le cose hanno cominciato a cambiare nei mesi scorsi grazie alla modella e influencer Giorgia Soleri che ha pubblicato una foto su Instagram che la ritrae dolorante e una serie di storie per raccontare la difficoltà di ottenere una diagnosi, segnalando come i medici in grado di diagnosticare e curare questa condizione all’interno del Sistema Sanitario Nazionale siano pressoché inesistenti.
Rispondendo all’appello di Giorgia Soleri, la deputata del Movimento 5 Stelle Lucia Scanu il 7 aprile ha presentato una proposta di legge, approdata alla Camera dei Deputati il 21 maggio, per il riconoscimento della vulvodinia all’interno del SSN: “La vulvodinia solitamente viene scambiata per altre malattie e trattata in modo sbagliato, peggiorando i sintomi delle pazienti, che vengono spesso considerate ipocondriache o persone con disturbi psicologici. La mia proposta di legge ha come fine quello di tutelare il diritto alla salute e all’assistenza sanitaria, e migliorare la salute e le condizioni di vita delle donne.”
La proposta di legge è un passo fondamentale nell’ambito dell’assistenza sanitaria italiana, poiché di vulvodinia soffre almeno una donna su sette (circa quattro milioni di donne), ma il numero è sottostimato poiché per la maggior parte delle donne che ne soffrono è quasi impossibile ricevere una diagnosi, ancora meno se tentano il percorso all’interno del sistema sanitario anziché rivolgersi a cliniche specialistiche private, visto che la malattia, appunto, non è riconosciuta. Chi riesce a ottenere una diagnosi attualmente si rivolge esclusivamente a cliniche private, e la spesa totale è tra i 20.000 e i 50.000, motivo per cui molte donne non si fanno curare per mancanza di soldi.
Non farsi curare significa convivere con i sintomi tipici delle allodinie, vasto gruppo di neuropatie, di cui la vulvodinia fa parte, caratterizzate da dolori invalidanti quali dolore pelvico cronico, contrattura del pavimento pelvico, cistite e dolore durante i rapporti sessuali. Molte donne fanno fatica anche nei piccoli gesti quotidiani come sedersi o indossare pantaloni stretti. La proposta di legge andrebbe ad assicurare la prevenzione attraverso una diagnosi tempestiva (il tempo medio per una diagnosi adesso è di quasi 5 anni), una cura e una conoscenza approfondita della sindrome.
Ma soprattutto, la proposta di legge ha un valore inestimabile in un mondo che sottovaluta costantemente il dolore delle donne riducendo tutto a dolori mestruali o squilibri ormonali. Fortunatamente esistono varie associazioni nel panorama italiano nate per far fronte al tabù e allo stigma che ancora circonda le malattie ginecologiche, e per offrire supporto alle donne che soffrono di vulvodinia e sintomi correlati, le quali spesso hanno episodi di ansia e depressione legati a diagnosi mancate o errate. Tra queste, Cistite.info, Associazione Italiana Vulvodinia e VIVA – Vincere Insieme la Vulvodinia offrono risorse per riconoscere e gestire i sintomi.
Già nel 2019, l’Osservatorio per le Malattie Rare aveva pubblicato una lettera aperta di un gruppo di donne affette da vulvodinia che chiedeva il riconoscimento della loro patologia: “Siamo completamente abbandonate e dimenticate dallo Stato e molte di noi hanno anche tentato di fare la visita per l’invalidità civile (spendendo altri soldi e sapendo di [non] avere quasi nessuna possibilità) per avere un aiuto concreto per [combattere] la malattia e siamo state completamente derise e umiliate. Ciò che chiediamo, come appello corale, è che la vulvodinia sia finalmente riconosciuta dal SSN, in modo che le numerose pazienti possano vedere tutelato il diritto di curarsi (e ricordiamo che il diritto alla salute è uno dei principi cardine di un Paese civile e democratico) e che si investano nuovi fondi nella ricerca scientifica, perché non è accettabile che nel 2019 esistano ancora patologie misconosciute o poco indagate, tanto da costringere chi ne soffre a anni di sofferenze disumane. Siamo disponibili ad incontri e ad ogni proposta, poiché la nostra non è più vita e noi vogliamo vivere!”
L’ottima notizia della proposta di legge ci ricorda ancora una volta che per quanto far sentire la propria voce costi fatica, ne vale sempre la pena, e si spera che ora tutte le donne affette da vulvodinia possano avere accesso alle cure a cui hanno diritto.