Amatissima
La recensione di Elisa Belotti
Titolo
Amatissima
Autrice
Toni Morrison
Editore
Pickwick
Recensione
Ho incontrato questo libro tramite un gruppo di lettura, il Bestiario letterario di Milano, che l’ha scelto per parlare di Black lives matter. Non è stata un’esperienza facile. All’inizio avanzavo con fatica, soprattutto per i numerosi salti temporali. Morrison ha sapientemente scelto una costruzione narrativa complessa, che a tratti può sembrare caotica, eppure ad un certo punto tutti i tasselli si incastrano e niente rimane abbandonato a se stesso. Si giunge a comprendere quale sia la storia di Sethe, un’ex schiava scappata dalla piantagione, di Denver, la figlia tanto impaurita da non allontanarsi mai di casa, di Paul D, che condivide l’esperienza della schiavitù con la protagonista, e soprattutto di Amata (o Beloved, a seconda delle traduzioni) e del suo misterioso arrivo. Tutto assume un senso, un significato terribile e agghiacciante quanto quello storico della schiavitù della comunità nera negli USA.
Perché leggerlo
Si possono leggere tanti libri sulla schiavitù, trattati, documenti storici, romanzi. Questo, però, trascina chi legge all’interno delle vicende e fa comprendere appieno la condizione degli schiavi dopo (e durante) la guerra civile anche a livello corporeo, non solo teorico. Fa sentire l’impossibilità di disporre di sé, la disperazione della fuga, il sapore del fango e del morso di ferro.
A chi lo consigliamo
A chi vuole comprendere meglio qual era la vita degli schiavi negli USA e ascoltare una storia di dolore e soprusi, ma anche di speranza e resistenza.
Cosa ci può insegnare
Amatissima aiuta ad avere un’idea di schiavitù e di libertà. Spiega, con la sua durezza, cosa significa non sentire il corpo come proprio, non essere un’identità specifica ma solo parte di un gruppo. E poi si chiede: cosa vuol dire amare troppo? Si può davvero tracciare un limite?
Tre frasi significative
«In questo posto qui, noi siamo carne: carne che piange e che ride, carne che balla a piedi nudi sull’erba. Amatela. Amatela tanto. […] Amate le vostre mani! Amatele! Alzatele e baciatele. Usatele per toccare gli altri, battetele, usatele per carezzarvi la faccia, perché non amano nemmeno quella. Siete voi che dovete amarla, voi!».
«“Il tuo amore è troppo grande”, disse […]. “Troppo grande? L’amore o c’è o non c’è. L’amore piccolo non è amore per niente”».
«Allora non lo sapeva, però fu quella parola, “bambina”, detta a bassa voce e con tale gentilezza, che inaugurò la sua vita nel mondo in qualità di donna».