“Il dottor Li e il virus con in testa una corona”. Un libro per l’infanzia che racconta la pandemia
Di Elisa Belotti
Storie dalla Città di R. è la rubrica in cui, ogni mese, viene proposto un libro per l’infanzia che rappresenta e trasmette la convivenza delle diversità, un testo capace di trasformare le nostre comunità in luoghi più inclusivi e accoglienti. Oggi parliamo di come raccontare a bambine e bambini il periodo difficile che stiamo attraversando.
Il 2020 ha avuto come protagonista il Covid-19, che è entrato prepotentemente nella vita di tutti e anche nei media. Com’è stato raccontato? E soprattutto cosa è stato detto e cosa ancora si può dire a bambini e bambine? Questo nuovo appuntamento di Storie dalla Città di R. è dedicato a Il Dottor Li e il virus con in testa una corona di Francesca Cavallo, anche fondatrice e CEO della casa editrice Undercats.
L’autrice, già riconosciuta a livello internazionale per i primi volumi di Storie della buonanotte per bambine ribelli ed Elfi al quinto piano, ha costruito una storia per parlare anche a chi è più piccolo dell’emergenza sanitaria in corso. Dopo aver distribuito gratuitamente la prima versione del libro, traduttori e traduttrici da tutto il mondo si sono proposti per aumentare il numero delle lingue disponibili. Alle iniziali versioni in italiano, inglese, spagnolo e tedesco, si sono aggiunte quelle in irlandese, catalano, francese e portoghese, e poi russo, arabo, bulgaro, greco e cinese. Nell’arco di un mese le lingue disponibili hanno superato la trentina e la storia del Dottor Li Wenliang ha fatto il giro del mondo.
Incoraggiata da tanto successo, l’autrice ha lanciato una campagna di crowdfunding tramite la piattaforma Kickstarter, arrivando a raccogliere più di 50 mila dollari. Il libro è diventato presto realtà ed è stato pubblicato in inglese, italiano (tramite la casa editrice Feltrinelli), cinese e filippino. Per capire meglio come è stata raccontata la storia del Dottor Li, di May, la coprotagonista di questo volume, e del Covid, ascoltiamo direttamente la voce di Francesca Cavallo.
Il Dottor Li è nato durante il primo lockdown. Avevi fatto anche degli interventi sui tuoi canali social in cui proponevi dei modi per parlare a bambine e bambini della pandemia. Cosa ti ha spinta a trasformare tutto ciò in una storia?
Quello che mi spinge a creare tutti i miei libri è il desiderio di raccontare una storia che meraviglia me per prima e di condividere questa meraviglia con i bambini. In secondo luogo, immagino sempre che i miei libri – in buona parte dei casi – vengono letti da bambini e adulti insieme, quindi cerco di fare in modo che le storie che scrivo diano a entrambi elementi per poter comunicare in modo profondo e rispettoso. Il coronavirus e gli sconvolgimenti che ha causato sono un’occasione in cui questa comunicazione è vitale, per questo ho scelto di scriverne.
Nella prima versione, quella scaricabile gratuitamente durante il lockdown, la storia riguardava solo il Dottor Li Wenliang. Perché hai scelto di introdurre May?
Perché volevo che il libro includesse la prospettiva di una bambina su quest’anno assurdo. Volevo che raccontasse l’esperienza dei bambini e che si percepisse un legame tra la Storia con la s maiuscola che si sta compiendo in questi mesi e le storie piccole di tanti bambini come May che stanno vivendo questa cosa mentre fanno la scuola dell’infanzia o la scuola elementare.
Spesso i tuoi lavori si basano su storie vere. Non penso solo al Dottor Li, ma anche ai primi due volumi di Storie della buonanotte per bambine ribelli o a Goodnight Tonight, i racconti settimanali che ricevono gli iscritti alla newsletter di Undercats. Cosa possono dare le storie vere a bambine e bambini?
Le storie vere mi piace raccontarle ai bambini perché ispirano in loro un interesse per la realtà che li circonda, il che è fondamentale per diventare cittadini attivi. I miei libri sono sempre molto una celebrazione della democrazia e del potere che ognuno di noi ha di dare un contributo nel posto in cui vive.
A differenza delle molte narrazioni cui ha avuto accesso il pubblico adulto, Il Dottor Li non racconta la pandemia come una guerra o una battaglia. Non c’è un nemico da combattere, ma una situazione su cui intervenire, come fa May con il suo attivismo a portata di bambina. Perché hai scelto una modalità di racconto diversa?
Perché le metafore belliche non illustrano la situazione che stiamo vivendo in modo adeguato. Nonostante l’idolatria nei confronti della guerra con la quale siamo cresciuti tutti, la verità è che la guerra è un atto barbaro, insensato, medievale. Non è affatto una metafora della condizione umana o di tutte quelle volte in cui abbiamo un ostacolo da superare. Accostare qualsiasi situazione difficile a un conflitto ci impedisce di capirne le sfumature, la complessità. La pandemia è una crisi perché mette in discussione il modo in cui ognuno di noi si prende cura degli altri. Ci sono altri modi per sentire le persone unite da un comune obiettivo che non passano per l’identificazione di un “nemico”. Sarebbe tempo di sperimentarli.
Sfogliando le pagine del tuo nuovo libro un elemento salta subito all’occhio. Sono davvero pochi i libri per l’infanzia con così tanti personaggi non bianchi. May stessa ha origini latine. Il suo maestro, Lewis, richiama un personaggio storico recentemente scomparso, John Lewis, giusto? E poi, naturalmente, c’è il Dottor Li. Che cosa può significare per bambini e bambine leggere libri con protagonisti di diverse etnie? Come hai lavorato con l’illustratrice, Claudia Flandoli, a riguardo?
Per me è fondamentale che ogni bambina o bambino trovi un pezzetto di sé nelle pagine dei miei libri. L’altra cosa che cerco di fare nei nomi dei personaggi minori è sempre onorare una persona vera che mi è stata di ispirazione nel periodo in cui ho scritto una storia, in questo caso, John Lewis. Il punto per me è che se mostriamo ai bambini il mondo nella sua naturale diversità, sarà molto più difficile per loro sviluppare forme di misoginia o razzismo o omofobia quando cresceranno.
Ad un certo punto May, mentre sta facendo delle ricerche con la madre, le chiede «Perché alcuni dicono che il virus non esiste?». Negazionismo e informazione sono due elementi che introduci nel libro. Che peso ha avuto, secondo te, l’assenza di strumenti che spiegassero direttamente ai più piccoli la situazione attuale?
Credo che abbia avuto un peso enorme e per questo spero che Il Dottor Li e il Virus con in testa una Corona abbia una grossa circolazione, magari anche nelle scuole. Non possiamo lasciare che i bambini crescano con l’idea che c’è una stanzetta inaccessibile in cui un gruppetto di uomini potenti decidono le sorti del pianeta, che è la visione del mondo dei complottisti. Questo è un modo sicuro per farli sentire completamente impotenti, e nulla è più pericoloso per la democrazia di un gruppo di cittadini che pensano di non contare nulla.
Un’ultima domanda. Habitat, accortezze, allertare, intimare, ricercatrice. Sono tutte parole presenti nel tuo libro. Sono parole difficili se chi legge o ascolta la storia è piccola/o. Una cosa che dici spesso, infatti, è che bisognerebbe parlare ai bambini anche con termini difficili, spiegandoli, e non sostituirli con altri più semplici. C’è una relazione tra questo e la riflessione appena fatta sulla centralità dell’informazione?
Questo è un tema sul quale mi interrogo continuamente: ovviamente, si tratta di un equilibrio delicato perché le parole “difficili” non devono essere troppe a tal punto da rendere la storia faticosa per i bambini o addirittura noiosa, perché non riescono a capirla. Il punto per me è sempre la storia. I bambini si appassionano? Allora, quello è il momento migliore per inserire delle parole più ricercate perché se quelle parole arrivano loro in un momento in cui la fame di andare avanti nel racconto e scoprire cosa succede è più grande della paura di una parola che non conoscono, bingo! Stai rendendo il loro arricchimento lessicale (che vuol dire anche arricchimento emotivo e di pensiero) una conseguenza della lettura del libro, ma li stai anche abituando a non aver paura delle parole che non conoscono, a non sentirsi esclusi o tagliati fuori quando c’è una parola che non conosci.
Dalla Città di R. per oggi è tutto. Con questo messaggio di responsabilità e di speranza si apre il 2021. Ci rivediamo a febbraio con un nuovo libro per l’infanzia sempre qui, tra le Storie dalla Città di R.