Leggere attraverso le dita: l’importanza dell’alfabeto Braille oggi
Di Elisa Belotti
«Le persone non disabili sono dolorosamente curiose. Al giorno d’oggi, spiegare come lavoro con i computer con uno screen reader, come gestisco il mio cellulare con un lettore vocale, quali adattamenti faccio per studiare e fare le mansioni domestiche, badare alla casa e ai figli sono tutte cose non semplici in ogni momento e luogo. Imparare come funziona la vita delle persone disabili non è fantascienza».
Queste parole di Jyothsna Phanija sono un ottimo spunto da cui partire per riflettere sul ruolo del Braille oggi e della ricorrenza dedicata a questa scrittura.
Il 4 gennaio, infatti, è la Giornata mondiale dell’alfabeto Braille, istituita solo nel 2019 per concentrare l’attenzione su questo sistema di scrittura che ha cambiato notevolmente la qualità della vita delle persone ipo e non vedenti. Non stiamo parlando di una piccola minoranza. Secondo i dati della World Health Organization, infatti, le persone con problemi visivi – molti dei quali potevano essere prevenuti – sono, globalmente, un miliardo e di esse 39 milioni sono completamente cieche.
L’alfabeto Braille si basa sulla combinazione di sei puntini in rilievo, percepibili al tatto, e non permette solo la rappresentazione di lettere e punteggiatura, ma anche di numeri, segni musicali, matematici, informatici e simboli scientifici. Tutto ciò che può essere messo per iscritto.
Nonostante l’importanza di questa scrittura per le persone ipo e non vedenti, la sua diffusione iniziale fu difficile e ostacolata. Dopo essere stato messo a punto tra gli anni ’20 e ’30 dell’800, le resistenze degli istituti scolastici – scettici all’idea di imparare una scrittura completamente nuova – furono molte, tanto che lo accolsero solo cinquant’anni dopo.
Eppure il Braille era davvero innovativo. Prima della sua diffusione, le persone ipo e non vedenti leggevano tramite lettere in rilievo o incavate in appositi supporti. L’alfabeto Braille, invece, si adatta con più precisione alla percezione tattile e alla parte del corpo usata per leggere: le dita. La porzione di pelle davvero sensibile è il polpastrello. Uno spazio ristretto, quindi, esattamente come il singolo carattere Braille. Inoltre le mani sono più sensibili alle linee puntinate rispetto a quelle continue, e all’alto rilievo rispetto all’incavo. Questa scrittura, anche per il suo andamento orizzontale, si adatta meglio delle precedenti ai reali procedimenti di chi legge con le dita.
La Giornata dedicatale richiama sì il passato, gli studi alla base del Braille, la diffidenza nei suoi confronti e poi la sua diffusione dirompente, ma diventa anche un filtro per osservare il presente.
Come vivono il Covid le persone ipo e non vedenti? La pandemia ha ostacolato fortemente la loro vita e le ha messe in una condizione di rischio maggiore. Ciò vale ancora di più per quelle che si affidano principalmente al tatto per comunicare e ottenere informazioni.
In questi mesi è emersa l’importanza di una diffusione ancora più capillare dell’alfabeto Braille, dei formati audio e di quelli digitali. Nonostante la difficoltà di reperire libri accessibili e in Braille – in Italia se ne occupano, ad esempio, la Biblioteca Regina Margherita o il Centro Internazionale del Libro Parlato – e nonostante il fatto che in alcune zone del mondo questo sistema di scrittura è sempre meno studiato e tramandato, il Braille resta fondamentale per l’accesso alla cultura e all’informazione.
E il suo ruolo è rilevante anche oggi, accompagnato da strumenti digitali e da sintesi vocali. Lo si vede anche attraverso la storia di alcune persone non vedenti.
È il caso di Haben Girma, la prima persona sordocieca a laurearsi in legge ad Harvard. È nata e cresciuta a San Francisco, in una famiglia afrodiscendente. Ha frequentato la scuola e l’università per diventare un’avvocata per i diritti umani e per la giustizia verso le persone disabili.
Durante i suoi studi ha ricevuto molto del materiale scolastico in Braille, ma era consapevole del fatto che tante altre persone non avevano accesso a formati testuali diversi. Una volta arrivata ad Harvard, si è scontrata con ulteriori ostacoli quotidiani, come l’impossibilità di leggere il menù della mensa.
Durante il percorso universitario e dopo, ha lavorato a lungo per rendere accessibile l’istruzione per studentesse e studenti disabili. «Helen Keller ha tracciato una strada di possibilità per i bambini e gli adulti sordociechi che vennero dopo di lei», disse Girma nel suo intervento al TEDxBaltimore, definendo Keller e se stessa delle pioniere.
In un mondo costruito da e per persone che possono vedere e ascoltare, ha deciso di smettere di far finta di niente e contribuire a renderlo più accessibile. Con il suo lavoro quotidiano trasmette l’idea che rendere le lezioni, i corsi di sostegno, i libri, i materiali e anche gli spazi scolastici adatti anche alle persone disabili non è un favore, ma un diritto.
C’è poi Jyothsna Phanija, l’autrice e cantante indiana con le cui parole si è aperto questo articolo. È nata in un villaggio dell’Andhra Pradesh e si è scontrata con numerosi ostacoli per accedere al mondo dell’istruzione. Più volte, infatti, è stata rifiutata dagli istituti in quanto non vedente. «Questo mi ha fatta infuriare » disse, «e lo presi come una sfida. Fui determinata a mostrare alle persone non disabili che cosa possono fare quelle disabili».
Ha infatti frequentato la English and Foreign Languages University di Hyderabad, completando il dottorato a soli venticinque anni.
Nonostante i traguardi raggiunti, furono numerose le discriminazioni subite in campo lavorativo. Durante i colloqui spesso misero in dubbio le sue capacità, finché non trovò un impiego come assistant professor all’Università di Delhi. Per accedere all’istruzione il Braille è stato fondamentale, ma l’ha spesso affiancato con screen reader e lettori vocali. Questi strumenti sono stati centrali anche nella stesura dei sui libri, Ceramic Evening e The World I Write In, entrambi raccolte di poesie.
Phanija scrive inoltre articoli, racconti e recensioni per varie testate sia in inglese che in telugu, la lingua dravidica parlata nell’India centro-meridionale. Ha studiato a lungo la letteratura post coloniale e lavora per creare un discorso attorno a disabilità, casta e identità di genere, avendo sperimentato nella sua stessa vita la loro intersezione. «Finché ammettiamo la supremazia altrui, non raggiungiamo mai la nostra dignità» sostiene Phanija.
«Finché non decifriamo il significato di ogni commento, soprattutto di quelli che ci discostano dalla nostra posizione sociale che è storicamente consolidata nell’oppressione, la gerarchia continua per altri secoli».
Conoscete infine Helen Keller? Anche lei sordocieca, è stata un’autrice e un’attivista statunitense.
Se volete scoprire qualcosa di più a riguardo, però, dovete aspettare il 13 gennaio e il prossimo episodio del podcast Le donne della porta accanto (disponibile su tutte le piattaforme di podcast), che la vedrà come protagonista. Sarà in onda dalle 16.