Autorappresentazone, fragilità e fotografia

Di Sofia Brizio

La prima volta che ho incontrato Marlène, stavo partecipando a una gara di nuoto. «Mi piacciono le pose che il tuo corpo assume quando sei in piscina, sono molto naturali» mi dice. E così mi chiede se può catturare queste pose in uno shooting. L’idea mi intriga: in 27 anni di vita nel mio corpo disabile, non mi era mai successo che qualcuno mi dicesse che il mio atteggiamento naturalmente un po’ sbilenco fosse interessante o addirittura bello da vedere. Sono cresciuta a suon di ‘stai su dritta!’ e ‘non incurvare la schiena!’, perciò ero curiosa di vedere cosa sarebbe successo se per una volta mi fossi lasciata andare completamente, dando spazio a tutte le mie curve naturali. Così è iniziato il nostro scambio. Marlène mi fotografa e io scrivo di lei.

Sofia e Marlene si abbracciano durante lo shooting
Sofia e Marlène si abbracciano durante lo shooting. Photo credit: Anna Fumagalli

Marlène Bronzieri è un’artista visiva italiana con sede in provincia di Bergamo. Lavora attraverso la fotografia, il video, la performance e le opere tessili. La sua ricerca si focalizza sull’evoluzione della raffigurazione del corpo femminile nell’arte, considerando l’influenza dello stereotipo coloniale, e come l’esperienza femminista abbia influenzato il lavoro artistico portando allo sviluppo di un percorso di autocoscienza. Il suo lavoro indaga temi legati all’identità e alla rappresentazione del corpo nella società contemporanea.

Ma perché proprio la fotografia? «Ho iniziato a scattare molto presto. Mio padre mi regalò la mia prima macchina fotografica digitale durante gli ultimi anni delle scuole elementari. La utilizzavo molto spesso. Mi piaceva prima di tutto osservare e poi scattare.» spiega Marlène. «A quell’età facevo scatti in maniera casuale, era un mezzo di conoscenza del mondo esterno. Ma con il tempo ho capito che mi interessava produrre immagini, non solo documentare il dato reale.»

L’osservazione è fondamentale nel lavoro di Marlène ed è un concetto che si ripresenta come un ritornello per tutta la durata della nostra conversazione: osservazione della natura, della mondo esterno, ma soprattutto osservazione come forma di introspezione e riflessione sulla società contemporanea. «Le mio opere nascono dal mio vissuto personale e spesso sono legate a tematiche di matrice politico-culturale. Il processo creativo si traduce in una scoperta di me stessa e di conseguenza in una maggiore consapevolezza. Nel portare all’esterno le mie riflessioni, desidero mettere in discussione degli stereotipi in modo che ognuno possa comprendere che cosa lo rappresenta realmente e cosa no.»

Per Marlène, la chiave per riuscire a vedere il mondo in maniera diversa è uscire dagli schemi imposti dalla società. L’arte si presta particolarmente a essere strumento di critica politica e culturale; critica che assume sfumature completamente nuove quando l’obbiettivo è rivolto verso sé stess* piuttosto che verso l’esterno. Marlène ammette che il suo approccio è spesso frainteso da molt*: «Nel mio lavoro il corpo è il focus principale. Utilizzo il nudo, mai in maniera esplicita, ma è difficile svincolarlo totalmente da uno sguardo erotico. Mi interessa la sua purezza e al contempo la sua vulnerabilità.»

© Marlène Bronzieri, video frame da CC Light Medium, 2018, videoperformance

Il corpo nudo, soprattutto quello femminile, rimane innegabilmente un tabù nella nostra società. Marlène lo vive quotidianamente nella sua esperienza artistica: «Sento che l’immagine e la rappresentazione della donna rimangono motivo di discussione. È molto complesso trattare il nudo femminile, i corpi liberi, perché inevitabilmente ci si scontra con una società patriarcale.»

«Ammetto che al giorno d’oggi sento ancora dei grandi vincoli nella società contemporanea. Sicuramente ci sono molte persone che non percepiscono più il nudo come tabù, ma ce ne sono altrettante a cui dà ancora fastidio, forse perché emerge una vulnerabilità. È interessante partire dai primi movimenti femministi in cui le artiste iniziarono ad autorappresentarsi per svincolarsi dalla società patriarcale per comprendere anche cosa sta accadendo oggi.»

Marlène ha rappresentato questo concetto in una performance intitolata LMTC, tenutasi in Galleria Vittorio Emanuele II a Milano nel 2019. Nella performance indossa un vestito in organza con annesso un lungo strascico che reca la scritta ricamata Le grandi ma piccole cose mi perseguitano. Marlène attraversa la galleria, richiamando l’immagine di una sposa, e al centro della galleria lascia lo strascico a terra. Qui la sposa è sola e il ricamo sullo strascico lancia un messaggio forte a richiamare le lotte femministe passate e presenti.

«L’opera deriva da un percorso di autocoscienza che ho intrapreso» spiega Marlene. «Si riferisce al mio vissuto personale ma anche alle esperienze delle lotte femministe. Mi piaceva l’idea di invadere lo spazio urbano, la quotidianità altrui con una performance inaspettata. Il pubblico è rimasto entusiasta e ha mostrato molto interesse per il messaggio quando ho lasciato cadere lo strascico.»

© Marlène Bronzieri. Video frame da LMTC, 2019, performance

«Dall’altra parte però, ho ricevuto anche reazioni negative. Quando ho tolto lo strascico, una ragazza ha commentato dicendo: “Adesso che hai fatto vedere il culo, che cosa hai ottenuto?”. Mi è dispiaciuto che sia stata proprio una ragazza a fare questo commento, a dimostrazione che l’influenza del patriarcato è ancora prevalente, ma allo stesso tempo capisco che le reazioni possono essere molto diverse quando sei in un contesto urbano e non una galleria d’arte. È proprio questa dimensione che per me è interessante.»

© Marlène Bronzieri, frame da LMTC, 2019, performance

Ciò che emerge dal lavoro di Marlène è quindi la capacità di osare pur senza essere troppo sopra le righe, proporre riflessioni profonde senza mai  essere provocatoria per il gusto di esserlo, né imporre la propria visione all* spettator*.

Il lavoro che incarna alla perfezione questa visione artistica è Sono solo parole mie, un ciclo di opere tessili iniziato nel 2018 e attualmente ancora in corso. Il ciclo affronta tematiche legate al corpo. Attraverso il gesto del ricamo, tradizione del passato solitamente associata ad ambienti femminili, l’artista mette in luce una forma d’arte lenta che si oppone alle dinamiche frenetiche tipiche della società contemporanea capitalista. Il ricamo crea quindi uno spazio di riflessione personale per suggerire uno sguardo differente rispetto agli stereotipi contemporanei.

«Vedo la scritta ricamata come un modo per fissare i concetti» spiega Marlène. «Scelgo parole che hanno un significato importante nella mia vita (da qui il titolo del ciclo di opere) tornando ancora una volta al concetto di portare qualcosa di introspettivo verso l’esterno. Sono solo parole mie, che però condivido attraverso il gesto molto intimo e artigianale del ricamo. Metto in luce dinamiche sociali trasmettendo un’idea di cura che è tipica del ricamo.»

In effetti, l’idea di cura come atto radicale verso di sé e verso gli altri è centrale al lavoro di Marlène. «Quando avevo più o meno 13 anni, ho scoperto di avere la scoliosi e ho dovuto mettere un bustino rigido che dovevo tenere 20 ore al giorno. All’inizio non riuscivo ad accettare la diagnosi, però poi mi sono resa conto che il percorso di terapia che dovevo seguire significava prendermi cura, cercare davvero di capire il mio corpo e ascoltarlo, fare delle scelte quotidiane che derivassero da questo ascolto.»

© Marlène Bronzieri. Video Frame da Prendersi Cura, 2018, performance

«Ho pensato che ciò che sono disposta a fare per me, sarei disposta a fare anche per altr*. Se sai accoglierti per come sei, riesci a proiettarlo verso l’esterno e prenderti cura dell’altr*, accettare vulnerabilità e fragilità.»

È proprio il concetto di fragilità, soprattutto fragilità corporea, ad essere attualmente al centro della ricerca artistica di Marlène, anche in relazione ai corpi non conformi. L’artista ha tenuto workshop di riflessione sul concetto di disabilità, normalità, cosa significa deviare dalla norma e come percepiamo il nostro corpo quando devia dai canoni sociali: «Credo che soprattutto sui social si tenda a costruire una realtà patinata in cui va sempre tutto bene, senza considerare il lato fragile della nostra umanità. Mi interessa il concetto di fragilità in quanto descrive veramente la società in cui viviamo.»

Vulnerabilità spesso significa anche accettazione di ciò che è diverso da noi, a costo di mettere in discussione la nostra stessa identità. Marlène riflette quindi anche sul concetto di diversità culturale, colonialismo, identità e esotismo. «Ho capito che nel momento in cui si conosce l’altr*, c’è una ridefinizione della propria identità, che viene scardinata. Quando cominci a comprendere chi è divers* da te, metti in discussione te stess* e capisci cosa ti appartiene e cosa no» spiega l’artista.

© Marlène Bronzieri, Prendersi Cura, 2019, performance

«Mi sono avvicinata a questi concetti dopo aver seguito un corso di antropologia. Sono rimasta affascinata dai metodi di ricerca antropologica e ho pensato che potessero essere applicabili non solo in campo scientifico ma anche nel modo di approcciare la conoscenza quotidiana delle persone. Dopo aver letto La rappresentazione incorporata di Giulia Grechi, ho iniziato a interessarmi alla tematica del colonialismo. Credo sia fondamentale capire questi meccanismi per relazionarsi con l’altr* in maniera inclusiva, distaccandosi dal modello eurocentrico.»

Questa riflessione culmina nell’opera Esotismo, che affronta la tematica del corpo in ottica post-coloniale e in particolare il corpo come principale campo di attività politica, culturale e creativa, nonché di definizione della propria identità. L’opera apre una riflessione sulla società contemporanea, esplorando come il capitalismo digitale abbia reso il nostro stile di vita sempre più frenetico, ostacolando la scoperta di sé e dell’altro. In contrapposizione, il fascino per l’esotico corrisponde al fascino per l’altr*, la scoperta di territori inesplorati che ci permettano di ampliare i nostri orizzonti.

© Marlène Bronzieri, Esotismo, 2022, installazione – Ricamo su tela 90x90cm

«In questo momento sto proseguendo la mia ricerca artistica esplorando il concetto di fragilità e ciclicità vita-morte» conclude Marlène. «Mi interessa ritornare in una dimensione di sospensione temporale, investigando l’identità dei corpi».

 

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