Vivian Maier: Un’artista dietro le quinte della vita
Di Barbara Zampieri
Mostra personale “Inedita” – Sala Chiablese, Musei Reali – Torino (fino al 26/6/22)
Una donna nascosta. Una donna che osserva. Un’artista che scopre le sue meravigliose carte svelandosi, mostrando un lavoro di oltre trent’anni, vissuto raccogliendo le emozioni, le abitudini, i costumi di un’epoca e di intere generazioni.
Vivian Maier nasce a New York nel 1926, ma trascorre l’infanzia in Francia con la madre. Rientrata negli Stati Uniti, acquista la sua prima macchina fotografica grazie al denaro ricavato dalla vendita di un’eredità che investe in un viaggio in Estremo Oriente (India, Yemen, Thailandia) e in Europa (Italia e Francia). Possiamo senza dubbio definire Vivian una “street artist”, una vera artista di strada ante-litteram.
Le sue foto colgono con attenta precisione gli istanti della gente che popola le strade ed i luoghi più affollati delle grandi metropoli. Proprio lì, nelle grandi città, ha saputo immortalare, attraverso il suo raffinato obiettivo, molti risvolti di una cultura ed una realtà storica che parte dagli anni ’50 e che continua ben oltre.
Vivian ci regala il ritratto di una popolazione che vive e si muove quotidianamente per recarsi al lavoro, o a scuola, o che si ritrova in più occasioni a condividere momenti di vita vera. È strano come anche i volti dei passanti, della gente comune, acquistino eccezionalità ed unicità nei suoi ritratti.
Nelle espressioni dei soggetti ritratti c’è intensità, ci sono emozioni talvolta contrastanti, c’è dolore, sofferenza ma, molto spesso, Vivian sa cogliere anche istanti ed espressioni buffe, curiose e divertenti. Ci sono i sorrisi, i pianti, la sorpresa. Ci sono tutte le emozioni.
Ci sono anche i gesti, come, ad esempio, nella foto di un uomo e una donna, di spalle, le cui mani si sfiorano e si stringono quasi a nascondersi tra le pieghe dei vestiti. È un momento. È un’emozione. Dei soggetti ritratti ma anche di chi guarda.
Un altro elemento di originalità nella produzione di Vivian Maier sono gli autoscatti che l’artista ha realizzato attraverso il riflesso della propria immagine negli specchi e nelle vetrine. Si può dire che Vivian, da magnifica visionaria, anche in questo caso ha precorso i tempi realizzando i primi “selfie”.
Guardando le sue foto, Vivian ci porta spontaneamente ad interrogarci su chi fosse e cosa facesse in quel momento il soggetto immortalato. E le risposte le troviamo nei particolari, apparentemente insignificanti, che vediamo nei ritratti. Lo spettatore è stimolato ad interessarsi al “dietro le quinte” delle sue immagini.
Uno dei temi prediletti dalla Maier sono i bambini che lei conosce bene e sa osservare con estrema attenzione e di cui ci offre indimenticabili espressioni ricche di spessore emotivo negli scatti che costituiscono una delle sezioni dedicate all’interno della mostra.
L’occhio di Vivian Maier si sposta anche, e soprattutto, sull’universo femminile che l’artista sa indagare alla perfezione e sa restituire allo spettatore in modo straordinariamente originale. Ma ritrae anche quella parte della società più povera, testimoniando ogni sfaccettatura della realtà della propria epoca.
Le foto esposte sono per lo più in bianco e nero ma parte degli scatti comprendono anche alcune opere a colori.
Diverse mostre sono state dedicate a Vivian Maier in Italia negli ultimi anni ma l’eccezionalità della mostra torinese è rappresentata dall’opportunità di vedere per la prima volta (da qui il titolo “Inedita”) alcune foto scattate da Vivian durante il soggiorno in Italia, nell’estate del 1959, proprio nella città di Torino (ma anche Genova) che ospita l’esposizione. Un omaggio speciale che la città offre ai visitatori.
Non sappiamo quanto sia stato sofferto o doloroso per Vivian Maier il suo prolungato silenzio artistico. Penso che la fotografia rappresentasse per lei uno spazio di libertà. L’artista infatti scattava le sue foto durante le vacanze o nelle giornate libere.
Per tutti coloro che conobbero Vivian Maier, la sua vera professione fu quella di bambinaia, lavoro che ha svolto per quasi tutta la vita nelle grandi metropoli americane (Chicago, New York, Los Angeles). Solamente in seguito, casualmente, si scoprì il suo vero volto di artista.
Infatti, nel 2007, due anni prima della sua scomparsa, John Malhoof, figlio di un rigattiere, comprò ad un’asta vari oggetti tra cui un vecchio contenitore pieno di negativi e rullini ancora da sviluppare. Incuriosito stampò alcune foto che riscossero molto successo e si spinse dunque a fare ricerche sull’autore che scoprì poi essere Vivian Maier.
Pensando alla figura di Vivian, non riesco a fare a meno ad accostarla al personaggio di Renée, protagonista di un celebre romanzo di successo di alcuni anni fa: la custode del palazzo parigino in cui si svolge la vicenda de “L’eleganza del riccio” (di Muriel Barbéry, ed. E/O).
Renée è una donna che svolge un lavoro umile ma prezioso, che offre la possibilità di osservare e ascoltare in silenzio, analizzando profondamente il mondo e la società che gira tutto intorno al suo micro-mondo, apparentemente limitato. La donna che rivela, come Vivian, una sensibilità eccezionale, sembra sacrificata in un ruolo che non le appartiene, un ruolo di comodo che però le permette di essere ciò che veramente è, dietro ad un paravento che la fa sembrare una donna molto semplice, quasi insulsa e banale.
Rivela invece un’eleganza inaspettata e sorprendente. Un’oasi di conoscenza, sensibilità ed introspezione che, agli occhi altrui non risulta visibile. Ma che è talmente intensa che non può rimanere chiusa ed invisibile all’umanità.
Si intuisce, in entrambi i casi, che lo straordinario si nasconde nell’ordinario. E lo possiamo trovare in ognuno di noi.
La nostra forza deve darci modo di riuscire a mostrare la nostra unicità, i nostri talenti e le nostre qualità nascoste. Anche a costo di attendere a lungo il momento opportuno per farlo. Un momento che potrebbe arrivare anche dopo un’intera vita vissuta “dietro le quinte”, come quella di Vivian.
La mostra raccoglie circa 250 scatti ed alcuni filmati in Super8 con audio e voce originali dell’artista.
In esposizione anche alcune sue macchine fotografiche e altri oggetti personali, tra cui gli originali cappelli indossati dall’artista negli autoscatti.
L’evento è sostenuto da “Women in Motion”, programma di Kering che mette in evidenza il ruolo delle donne nell’arte e nella cultura.