Trame. Intervista all’artista Daniela Benedini
Di Paola Ghisleni
Guardami
punto dopo punto
ecco il mio volto da tessitrice,
di donna che lavora e sogna.
Ascoltami,
ho tante cose da raccontare
che nessuno sa.
Sabato 29 maggio, è stato inaugurato nella Piazza Santa Maria a Desio “Trame”, l’ultimo lavoro dell’artista Daniela Benedini, un’opera che rappresenta il volto di una donna e che alle donne si rivolge in modo particolare.
Ho incontrato l’artista per un’intervista attraverso la quale ho cercato di portare alla luce il significato dell’opera e il percorso che ha condotto Benedini alla sua realizzazione.
Le persone che erano presenti all’inaugurazione sono rimaste molto colpite dalla tua opera, dalle loro parole e commenti traspariva anche molta emozione. Come è nata l’idea di questo doppio dipinto?
Durante il primo lockdown nel 2020, che ho trascorso in Francia, mi sono data degli obiettivi tra cui studiare la tecnica del ritratto ad olio e propormi agli enti comunali come decoratrice per la riqualifica di zone degradate attraverso la pittura della street art. Ho sempre desiderato decorare in grande scala, ma senza farlo illegalmente.
Tornata in Italia, ho cercato un incontro con l’assessorato alla cultura di Desio (la mia città) e mi sono proposta a cuore aperto, mostrando il mio curriculum e la mia traboccante passione.
Due sono stati i progetti proposti, in particolare la riqualificazione della piazza Santa Maria (da troppi anni abbandonata e malinconica) con una richiesta esplicita: un’opera che fosse in grado di raccontare il nostro territorio e che potesse generare un senso di appartenenza.
Per me senza dubbio un’occasione d’oro per parlare del mondo femminile senza cadere nel retorico e senza creare né polemiche, né denunce.
Questa è un’opera che si lega senza dubbio al contesto storico di Desio e in particolare alla condizione delle donne negli inizi del ‘900. Anche tu hai avuto dei parenti che hanno lavorato in queste industrie, vero?
Desio ha una tradizione di fabbriche tessili di seta e lana. Ad inizio 1900, più di 5000 donne (dagli 11 anni in su) hanno lavorato in fabbrica per miseri stipendi e con umiltà perché era l’unica fonte di lavoro e di apparente prosperità. Vite sfibrate, adolescenze impoverite, appiattimento delle arti e azzeramento del tessuto popolare e cittadino. Tuttavia, queste donne hanno creato delle famiglie e la base di una città che appariva molto contraddittoria. I desiani hanno tutti una nonna che ha lavorato in fabbrica.
Io ho entrambi i nonni materni, che si sono innamorati proprio tra i telai. Ecco l’idea di rappresentare quelle lavoratrici attraverso il loro stesso lavoro.
La donna in quest’opera risulta l’indiscussa protagonista, nel ritirarla hai optato per due stili pittorici differenti tra loro e questo offre all’osservatore una duplice visione e differenti chiavi di lettura. Quali sono i messaggi più importanti che la “tua donna” ci offre?
La piazza da riqualificare presentava un muro che negli anni ‘90 faceva parte di una fontana ben presto vandalizzata ed eliminata. È rimasto un muro di marmo malinconico e inutile. La mia proposta è stata quella di non eliminare il muro, ma di trasformarlo e valorizzarlo.
Un grande telaio con due facce: davanti un ricamo di lana dove compare il volto di una lavoratrice giovane, serena, intensa e in ascolto. Una donna che si fa guardare e che a sua volta osserva la sua città. Un volto fatto di lana soffice, pulita, ordinata e perfetta. 2016 punti di lana dipinti a trompe l’oeil, di forma differente e di colori differenti. Nessun punto è uguale all’altro anche se apparentemente sembrano uguali (come i giorni in fabbrica, tutti identici tra loro).
Una lavoratrice. Una donna che ha lavorato nel passato, come lavora nel presente e lavorerà nel futuro.
Cosa accomuna tutte le donne della storia che lavorano con impegno, umiltà e dedizione?
La mia risposta è: il sentire da donna, pervaso da emozioni, desideri, amori, arrabbiature, nervosismi, stanchezza, sogni. Ecco il retro della tela che si propone di non farsi guardare, ma farsi sentire.
Segni astratti e istintivi come cuciture, annodamenti, lacerazioni, suture, riprese e tanti colori quante sono le emozioni.
Dimenticavo: il viso della donna è composta da punti di lana di moltissimi colori. Idealmente ho voluto che fossero presenti i colori della pelle di tutte le etnie del mondo. Dai chiari nordici agli scuri della profonda Africa. Tutti. Le donne che lavorano hanno lo stesso valore.
Durante l’inaugurazione ci sono stati due momenti molto toccanti: la lettura di una poesia e la danza vicino all’opera. Pittura, poesia e danza. Come ha preso forma quest’intreccio di linguaggi?
L’inaugurazione è stata pensata come un momento femminile ed intenso. Allo svelamento, ho chiesto ad una cara amica, Cristina Bucci, di danzare su una musica gitana, emozionante e celestiale. Cristina, con una danza contemporanea, ha idealmente deposto alla base dell’opera l’EGO, donando a questo doppio dipinto la libertà di parlare al cuore delle donne. Un atto che si propone di dire: coraggio, quello che senti nell’anima e che nessuno sa è in realtà condivisibile con tutte le altre donne… tutte noi facciamo fatica come te, ma il disegno che si compone giorno dopo giorno, punto dopo punto, è unico e irripetibile perché irripetibile e unica sei tu.
Ho chiesto ad un’altra amica scrittrice, Fabiana Scamardella, di aiutarmi a trovare delle parole che potessero accompagnare l’opera. Lei, presa dall’emozione, ha scritto un testo facendolo passare dal suo cuore. Ho invitato Fabiana a leggerlo in pubblico. Credo che i tre momenti siano stati pieni di calore ed emozione.
Il 3 maggio scorso, mentre stavi dipingendo quest’opera, Luana D’Orazio, di soli 22 anni, è stata vittima di un terribile incidente mentre lavorava in fabbrica in un’azienda tessile. Quali sono stati i tuoi pensieri?
La vicenda di Luana mi ha scosso. Drammaticamente legata a quest’opera. Drammaticamente emblema di tragedie che nessuno vorrebbe che accadessero ma che ancora purtroppo accadono. Luana è uno di quei tanti nomi del volto che ho dipinto.
Artisticamente penso che quest’opera segni per te un traguardo importante. Hai altri progetti a cui stai lavorando? Pensi ti piacerebbe lavorare nuovamente in questa direzione?
Nasco come decoratrice, attenta a realizzare al meglio i desideri dei clienti. La mia indole tenace e instancabile mi ha sempre portato ad avere come obbiettivo la presa in carico di decorazioni dalla progettazione alla consegna, senza clamori né discussioni.
Il mio obbiettivo è sempre stato realizzare sogni visionari e vestire muri, case e ambienti in spazi nuovi, accoglienti ed eleganti dove poter vivere circondati dal bello.
Tuttavia, il progetto “Trame” nasce come naturale passo di un percorso pittorico personale iniziato anni fa ma tenuto intimo e privato. Il riscontro con il pubblico è stato positivo ed emozionante. Quest’esperienza mi sta incoraggiando a continuare su questa strada totalmente intima e personale ma condivisibile.
È stato bellissimo creare emozione e toccare aspetti universali dove tutti possono riconoscersi a loro modo. Sono felice.
Guardami.
Fabiana Scamardella
Questo è un viso che conosci.
Lo vedi tutte le mattine allo specchio,
lo vedi in ogni angolo,
sulla strada per andare a scuola, a lavoro, lo ritrovi in famiglia.
Questo è il volto di chi, punto dopo punto,
ha tessuto una fibra che riconosci e che fa parte anche di te,
dell’armatura che sorregge ciò che siamo, ciò da cui veniamo.
Nella solidità di una catena che, senza mai dimenticare il passato, si sviluppa verso il futuro.
Nella torsione dei giorni.
Fermati qui, ascoltami.
Questo è quello che non sai di me.
Pensieri contenuti in una treccia che stringe
come il cappio di ciò che mi trattiene,
di ciò che è dovere e di quanto mi è stato insegnato a desiderare.
Come un pettine, mani abituate alla fatica dei giorni,
districano i nodi tra ciò che sono e ciò che voglio essere,
cassa battente di un ritmo serrato che ad occhi chiusi ha suturato cicatrici,
soffocato dolori.
Come una treccia, fatta e disfatta, ricostruisco la mia vita ogni giorno.
Qualche ciuffo scappa al mio controllo,
seguo le torsioni dei miei ricci come pensieri inconfessati.
Amori mai nati, confuse certezze nella centrifuga dei giorni.
E ora dimmi, Sei chi vorresti essere?