La dea Xochiquetzal e l’erotismo nel mondo preispanico

Di Livia Motterle

Vivo a Città del Messico da quasi due anni. Una città affascinante, caotica, impregnata di tradizioni e influenze. Semi di chili piccante su un asfalto ardente. Palazzi esuberanti che coprono un passato pieno di sacralità.
Il Templo Mayor e il suo labirinto di mais ci svelano storie, miti e leggende che nessuna conquista potrà spazzare via. Il mondo preispanico resiste e si manifesta dentro le case, nei mercati, nelle tavole delle taverne.

Il sincretismo tra la cultura mexica e quella cattolica, tra la cultura indigena e tra le influenze gringas, diventa palpabile quando mangiamo tortillas di mais e le accompagniamo con una coca-cola. O quando, il 31 di ottobre, ricordiamo i nostri defunti con altari di chempasuchil (il fiore arancione che accompagna il viaggio delle persone tra lo stato terreno e quello celeste) mentre i bimbi bussano alle porte chiedendo “dolcetto o scherzetto”. Si fa quindi necessario, in mezzo a questa mescolanza, difendere la cultura preispanica, trasmetterla e conservarla.

Giorni fa, mentre passeggiavo nel famoso mercato della Lagunilla, un enorme mercato pieno di oggetti antichi e bizzarri, libri e vestiti di ogni epoca, venni catturata da un’immagine: due statuine preispaniche che mettevano in scena la copertina di un libro che s’intitolava: Il sesso nell’epoca preispanica. Decisi di comprarlo, per 100 pesos (4 euro circa).  Arrivata a casa mi lasciai incuriosire non solo da ciò che stava scritto ma anche dalle sue immagini che raffiguravano divinità e cerimonie. Il sesso con le divinità? Ebbene sì, il sesso, per la cultura mexica era qualcosa di sacro e profano allo stesso tempo. 

Tutte le attività del mondo preispanico venivano guidate da concetti puramente religiosi. L’amore, la sessualità e l’erotismo dipendevano da tre divinità: la dea Tlazolteolt, la dea Xochiquetzal e il dio Xochipilli.

La dea Tlazolteolt si occupava di proteggere la voluttuosità e il piacere sessuale con fini procreativi e per questo era considerata la dea della fertilità. Le rendevano culto i medici, le ostetriche e le donne incinte. Chiedevano i suoi favori le persone ammalate per questioni amorose o che avevano contratto una malattia venerea.

Xochiquetzal era la dea dell’amore erotico e delle relazioni sessuali in generale, anche quelle tra persone non legate da un vincolo matrimoniale. Era patrona delle filatrici e delle tessitrici, delle maqui (le prostitute che accompagnavano i rituali), delle sacerdotesse, delle ahuiani (le prostitute comuni), degli artisti e degli artigiani. Per onorarla si celebrava una grande festa in cui giovani vestiti da api e farfalle danzavano di fiore in fiore (Xochitl en la lingua mexica significa fiore, mentre Xochiquetzal significa fiore dalle piume preziose).

E infine c’era Xochipilli, dio del piacere, della musica, del gioco, della danza, dell’omosessualità e delle piante allucinogene. Viene rappresentato seduto su di un piedistallo a gambe incrociate, la testa leggermente sollevata, gli occhi aperti, la mascella inferiore protesa e la bocca semiaperta. Sia la statua che il piedistallo sono ricoperti da incisioni che rappresentano fiori sacri dalle proprietà psicoattive.

Prima dell’arrivo dei conquistatori spagnoli, in Messico la prostituzione era un lavoro riconosciuto e avvalorato. Esistevano varie forme di prostituzione: quella di accoglienza (agli stranieri), quella religiosa o ritualistica (che rallegrava il riposo dei guerrieri o le ultime ore della vittima destinata al sacrificio) e quella civile.
Le maqui, donne consacrate all’adorazione della dea dell’amore, Xochiquetzal, erano sacerdotesse dei templi e svolgevano funzioni religiose e sessuali. Non esisteva una differenza tra prostitute e sacerdotesse, tra profano e sacro.
Anche le ahuiani (le prostitute comuni) contavano con gran riconoscimento per la loro funzione di rallegratrici. Nell’epoca preispanica, le prostitute non venivano segregate in case particolari o in determinate strade ma condividevano spazi con tutte le altre persone della comunità.  

Con l’arrivo dei conquistatori (uomini soli distanti dalle proprie mogli), si sviluppò presto il modello di prostituzione che vigeva in Spagna nel Medioevo, caratterizzato dal controllo dei “magnacci” sulla vita delle prostitute. Il primo bordello messicano fu costruito nel 1524, sotto il marchio della corona spagnola. Fu così che le donne che si dedicavano alla prostituzione, smisero di essere ben viste e venerate e, a differenza delle alegradoras preispaniche, cominciarono a essere viste come donnacce.
Questa concezione, purtroppo, dura fino ad oggi. Passando per il quartiere conosciuto come La Merced o per la Plaza de la Soledad di Cittá del Messico, o per la Avenida Tlalpan o per la strada Sullivan, sono poche le persone (se ci sono) che ancora vedono nelle lavoratrici sessuali delle sacerdotesse a cui essere grati e devoti. 

Ma il ricordo della cultura preispanica, e la sua concezione del lavoro sessuale, si fa spazio lo stesso tra le strade di Città del Messico.
Tra il malfamato quartiere di Tepito e la zona rossa del Centro Storico troviamo la Casa Xochiquetzal.
Si tratta dell’unico asilo al mondo per signore anziane che hanno svolto nel passato il lavoro sessuale e che, con l’avanzare dell’età, si sono trovate senza risorse economiche e hanno finito per vivere in strada.

Questo centro, che aprì le sue porte nel 2006 e che prende il nome della dea dell’amore erotico, ci invita a non dimenticare la connotazione sacra e sanatrice del lavoro sessuale. E soprattutto ci invita a non dimenticare l’amore che caratterizzava (e caratterizza) la vita di queste donne: un amore, senza dubbio, più dato che ricevuto.

(Se vuoi inviare delle donazioni alla Casa Xochiquetzal, visita il link https://casaxochiquetzal.wordpress.com/donaciones/)