#Donneforti: storie di donne che lavorano nel rurale
Di Alessia Casteni
Oggi vi racconto la storia di Elisa Pozzi, amica e imprenditrice dell’Azienda agricola ZIPO di Zibido San Giacomo, a pochi chilometri da Milano.
Ciao Elisa, ti puoi presentare brevemente?
Ciao a tutt*, sono Elisa, ho 34 anni e dal 2004 lavoro presso l’Azienda agricola ZIPO. Mi occupo personalmente del piccolo caseificio, della vendita diretta dei nostri prodotti e anche di una parte più didattica con eventi per il pubblico in azienda e laboratori per adulti e bambini. Anche se amo molto quando le persone vengono a trovarci qui a ZIPO, ho già presentato la nostra realtà anche nelle scuole con interventi didattici nelle classi.Un’altra attività fissa sono i mercati (Il Mercato della Terra a Milano e il Mercato Buccinasco a chilometro zero) a cui partecipiamo per vendere i nostri formaggi, lo yogurt, il latte e il riso.
Da bambina sognavi di fare questo lavoro o avevi altre ambizioni?
È stato bellissimo crescere in questo contesto tranquillo e letteralmente immerso nella natura. Da piccola amavo passare i miei pomeriggi ad osservare gli animali: le mucche, i vitellini … facevo amicizia con loro, ero libera di correre spensierata nel cortile. Solo con l’adolescenza il mio punto di vista è cambiato; frequentavo la scuola fuori dal paese e non vedevo l’ora di andare all’Università per poter vivere in città a Milano. Essere più vicina agli amici, avere tutti i divertimenti a portata di mano e non essere più la ragazza ‘che abita fuori’.
Ed è stato veramente così?
Non esattamente…una volta stabilita a Milano, ho iniziato a capire che le mie radici erano a Zibido, nell’Azienda e tutto quello da cui credevo di voler scappare, in realtà, mi mancava terribilmente. È stato proprio nel 2004, infatti, al primo anno della facoltà di Agraria, che ho deciso che mi sarei dedicata all’Azienda.
Inizialmente il mio è stato un impegno part-time perché studiavo, appunto, e potevo lavorare in caseificio solo il venerdì. Dal 2012 però le cose sono cambiate e ho iniziato a dedicarmi al progetto al 100%.Ora ogni giorno lavoro in caseificio.
A proposito puoi descriverci una tua giornata tipo?
Le giornate in campagna cominciano presto. Intorno alle 5:00-5:30 vengono munte le mucche, poi il latte viene trasportato in caseificio grazie ad una pompa lattea.Intorno alle 7.00 io comincio a lavorare. Al momento lavoriamo soprattutto su ordinazione per la produzione dei nostri formaggi e dello yogurt. Nel pomeriggio passo all’impacchettamento dei prodotti, alla vendita diretta oppure alle consegne. Mi manca andare nelle stalle, ma non è semplice riuscire a gestire tutto.
Sembra davvero un programma intenso, c’è qualcuno che ti aiuta?
Dalla nascita di mia figlia ho assunto un collaboratore che mi aiuta in caseificio. In questo modo riesco a ritagliare anche uno spazio per la mia vita privata che però, devo dire, è ben conciliata con questa mia grande passione. Il mio compagno mi aiuta molto.
Sei una giovane donna che lavora in un ambiente decisamente maschile. Hai mai trovato delle difficoltà sul lavoro?
In effetti sì. Quando ho iniziato a lavorare a ZIPO avevo 18 anni e nessuno mi prendeva troppo sul serio, ero sempre la figlia del signor Pozzi visto che fino a quel momento era stato prevalentemente mio padre a gestire l’Azienda. Le persone non mi davano troppo credito. Anche con il passare degli anni, però, per farsi ascoltare è sempre necessario imporsi un po’.Un altro ostacolo poi è quello generazionale: a volte essere semplicemente di un’altra generazione, considerata inesperta, può costituire un problema.
A proposito di generazioni, la tua famiglia ti ha sempre appoggiata in questa tua scelta ?
Mi reputo fortunata, nessuno dei miei famigliari mi ha mai ostacolata. Vengo da una famiglia di dentisti e forse sono rimasti solo un po’ stupiti che io non abbia seguito le loro orme. Mia mamma è stata l’unica a domandarmi se fossi pronta a un lavoro così faticoso ma la mia grande passione per quello che faccio mi ha sicuramente aiutata, insieme all’appoggio di mio padre.
L’idea per questa intervista mi è venuta leggendo un tuo recente post su Facebook dedicato alle #donneforti che lavorano nel mondo rurale. Quali qualità deve avere una donna per lavorare in questo settore e magari fare carriera?
La passione per il lavoro che fai, quella è imprescindibile, la metterei al primo posto. È la stessa che ti fa alzare la mattina presto in pieno inverno, quando fuori è ancora buio, per cominciare a lavorare con il sorriso. Poi c’è l’ambizione: prefiggersi sempre obiettivi nuovi in cui credi.
L’impegno che serve è tanto ed è sia fisico che mentale. Bisogna mettere in conto che ci saranno alcuni sacrifici da fare. Praticamente non ci sono vacanze e i periodi festivi, spesso, sono quelli dove può succedere qualche problema dell’ultimo minuto. Però la consapevolezza di avere qualcosa da donare e di essere nel posto giusto per farlo credo che dia una grande spinta ed energia. Il lavoro in caseificio poi penso che sia davvero molto femminile.
In che modo?
Per svolgerlo al meglio sono necessarie un’attenzione, una delicatezza che spesso sono innate nelle donne. E questa in un contesto piuttosto maschile e maschilista è una bella opportunità. Chiaramente esistono anche bravissimi casari uomini ma questa parte creativa e creatrice penso si sposi bene con il femminile.
Cosa puoi dirci della situazione del settore in Italia negli ultimi anni? Si notano nuove politiche o trend positivi?
Ci sono diverse proposte da parte dello Stato per le donne under 40 ma sono dirette soprattutto a chi comincia un’attività da zero quindi non è direttamente il mio caso.Molte proposte poi sono per la riqualificazione di locali in montagna.
Esiste però un trend positivo che ho riscontrato e di cui sono felice ed è la solidarietà tra le donne in questo campo. Siamo molto più dirette degli uomini e spesso più oneste, forse per merito di un po’ di sana ‘sorellanza’. Io faccio parte di una rete Slow Food e in questo modo ho avuto l’opportunità di conoscere molte imprenditrici con cui confrontarmi.
Di recente abbiamo assistito alla triste notizia della scomparsa di Agitu Ideo Gudeta, etiope trapiantata in Trentino per vivere la sua passione per la natura e gestire un allevamento di capre. Tu hai avuto occasione di conoscerla?
Solo indirettamente purtroppo, proprio grazie alla rete Slow Food di cui parlavo poco fa. Era una donna meravigliosa, con uno spirito leggero e una grande voglia di fare e di cambiare le cose.Il suo progetto con le capre mochene in Trentino era molto simile a quello che stiamo portando avanti in Azienda con le vacche varzesi. Leggere la notizia della sua scomparsa mi ha addolorato moltissimo.
Il 6 gennaio, in sua memoria, si è creato un vero e proprio movimento, un flash mob da parte delle donne che fanno parte del mondo agricolo/zootecnico.
L’idea è stata della scrittrice e pastora piemontese Marzia Verona (il suo interessante blog è Pascoli e Stalle) e ha avuto molto seguito, svelando attraverso i social le fatiche di molte donne allevatrici, agricoltrici, veterinarie, pastore…
Spero davvero che da questa iniziativa qualcosa inizi a smuoversi e venga riconosciuta la grande forza di tutte queste donne che hanno fatto di una passione la loro vita.
Grazie ad Elisa per questa bella chiacchierata e restiamo in attesa di altre #donneforti che vogliano lasciare una piccola testimonianza del loro lavoro.