A luci spente si vede l’infinito
Di Martina Toma
Il cinema per me è l’estensione della mente umana espressa sotto forma di pixel. Il cinema è espressione dell’individuo stesso.
Se non fosse così, tutti i film sarebbero uguali, così come le persone. Invece ogni volta che guardiamo un film siamo testimoni della varietà dell’umanità nelle sue molteplici sfaccettature caratteriali e personali.
Il mio approccio al cinema è avvenuto anni fa, al liceo, quando divenni amica di Virginia, super appassionata della settima arte. Ogni martedì ci incontravamo a casa sua per vedere un film e mangiare insieme. Grazie a lei ho cominciato ad appassionarmi alla cinematografia d’oltreoceano e asiatica. Grazie a lei ho capito che il cinema è un grande mondo. Anche se adesso non ci sentiamo più, continuo ad ammirare il suo coraggio di lavorare nel settore (sappiamo tutti come sta andando…) e invidio il suo esser riuscita a capire da subito quale fosse la sua strada.
Io ci ho messo qualche anno in più e ora devo recuperare, ma questa è un’altra storia.
Una sera, con lei, guardammo Shining e io, nel momento in cui vidi la faccia di Jenny spaventata per la prima volta, intuii che quella era la mia strada, che avrei voluto fare cinema, semplicemente non sapevo come arrivarci.
La passione persiste tuttora: ogni settimana vado al cinema almeno due volte, senza contare gli infiniti dvd e film che guardo a casa (grazie Netflix).
Ma perché il cinema è così importante per me? Cosa mi dà che altre cose non possono dare? La libertà di essere quello che voglio.
Mi sono accorta di recente che la mia personalità si è formata anche sulle caratteristiche di alcuni personaggi di film (cult e non) visti e stravisti negli anni. Mi accorgo che utilizzo espressioni create ad hoc per quei personaggi, facendole mie come ad esempio il “Later” di Oliver in Call Me By Your Name, o il fatto di ritenermi un poeta estinto da L’Attimo Fuggente.
Per non parlare del modo di vestire. Quante volte ho pensato “beh se Luna Lovegood si può vestire così e il pubblico la apprezza, perchè non posso farlo anche io?”.
Mi spiego meglio: nel film The Dreamers di Bertolucci, Matthew a un certo punto dice “Ero diventato membro di quella che in quei giorni era una specie di massoneria, la massoneria dei cinefili, quelli che chiamavamo malati di cinema. Io ero uno degli insaziabili, uno di quelli che si siedono vicinissimi allo schermo. Perché ci mettevamo così vicini? Forse era perché volevamo ricevere le immagini per primi, quando erano ancora nuove, ancora fresche, prima che fuggissero verso il fondo, scavalcando fila dopo fila, spettatore dopo spettatore, finché, sfinite, ormai usate, grandi come un francobollo non fossero tornate nella cabina di proiezione.”
Ecco, dopo aver visto quel film volevo assolutamente far parte anche io di quella cosiddetta massoneria del cinema e, ora, credo di esserci riuscita.
Ma chi sono io? Mi chiamo Martina Toma, mi sono laureata in Culture della Comunicazione in Statale e al momento sto capendo cosa fare della mia vita.
Sicuramente la mia passione principale è il cinema anche se vivo circondata da libri, leggo in continuazione e mi tengo aggiornata su diversi argomenti che spaziano dalla politica allo sport passando per l’intrattenimento.
Fin da piccola mi è sempre piaciuto guardare il telegiornale, sempre curiosa di quanto mi ronzava attorno.
Adesso, mi diverto a guardare e riguardare i miei film preferiti senza stancarmi mai, con un’unica regola: sempre e solo in lingua originale. Sono arrivata alla conclusione che i film americani doppiati in italiano mi danno quasi fastidio, piuttosto non li guardo.
Sì, sono strana. Sì, sono purista. Ma che ci posso fare?
Avete presente quella scena in Call Me By Your Name dove Elio dice a Oliver, a bordo piscina: “Is it better to speak or to die” che doppiato in italiano suona come “è meglio parlare o restare in silenzio”? Ecco, la traduzione reale dovrebbe essere “è meglio parlare o morire?” ma doppiata così perde di significato, lo distacca dal contesto stesso del film.
Il cinema, a mio parere, deve rimanere puro, intatto.
Oltre al cinema mi piacciono Proust, Pavese, Antonia Pozzi, la montagna e giocare coi bambini.
Con la mia rubrica spero di accompagnarvi, film dopo film, in un mondo magico che connette la parola all’immagine, il suono al cuore e trasmettervi un po’ della mia passione.