Maestosa e meravigliosa creatura
Di Michela Cardinale
Adoro gli elefanti! Sono mastodontici.
Portano le orecchie sempre tese, in ascolto. Si fermano a contemplare il tramonto e fanno ombra ai loro cuccioli nelle torride ore della savana.
Gli elefanti sono un concentrato di tenerezza!
Gli elefanti hanno una memoria straordinaria, non dimenticano.
Li amo per questo: un elefante non mi dimenticherebbe mai! Dovremmo imparare anche noi a non dimenticare, a ricordare, per sempre.
L’elefante è un animale meraviglioso, riesce a vivere sulla Terra fino ad un’età di 60 anni.
Da quando l’uomo ha iniziato a studiare questo animale sono state fatte delle scoperte meravigliose e molto interessanti sulle caratteristiche fisiche, sulle caratteristiche comportamentali, sulle strutture gerarchiche e familiari di un branco di elefanti.
Ci sono molte informazioni e devo dire che queste sono le più rilevanti.
Adottano gli orfani
In molte specie, se la madre muore, per i piccoli c’è poca speranza di vita. Tra gli elefanti è diverso.
Ci sono esempi di sorelle maggiori che si prendono cura dei fratelli quando la madre muore, pur avendo anch’esse già un figlio. Ma la cosa più sorprendente è che l’adozione può avvenire anche nei confronti di orfani estranei a quel branco.
Tutti per uno
Se un elefante si trova in difficoltà, gli altri lo aiutano. Il biologo George Wittemyer ha ricordato che una volta avevano sedato un’elefantessa per metterle un radiocollare, e gli altri elefanti, vedendola malferma sulle gambe e credendo che fosse ferita, cercavano di sostenerla con le zanne. Per gli elefanti, quindi, la solidarietà è un sentimento molto importante.
Imparano uno dall’altro
Gli elefanti sono in grado di insegnare uno all’altro. Lo dimostra un esperimento fatto in Kenya. Gli elefanti hanno riconosciuto i vestiti di due gruppi di persone che hanno atteggiamenti diversi verso di loro: quando vedevano il gruppo dei Masai, cacciatori, scappavano; mentre non scappavano di fronte al gruppo dei contadini. E il bello è che questo comportamento era messo in atto anche da elefanti che non avevano mai subito un attacco.
Memoria da elefante
La “memoria da elefante” non è solo un modo di dire. Un elefante, ad esempio, ha riconosciuto la ricercatrice con la quale aveva lavorato 12 anni prima e, rivedendola, ha svolto spontaneamente gli esercizi di un tempo. Questi animali, inoltre, ricordano con precisione dove si trovano gli alberi e le pozze d’acqua, di vitale importanza nell’arida savana, visto che ingurgitano quintali di foglie e bevono circa 180 litri d’acqua al giorno.
Chiamate a lunga distanza
Quante persone sapresti riconoscere soltanto dalla voce? Beh, le femmine di elefante sono in grado di distinguere il richiamo di 100 diversi individui. E possono farlo anche a 2,5 km di distanza! Questo serve sia per riconoscere gli amici sia per guardarsi dai nemici: se sentono un richiamo sospetto serrano i ranghi e si preparano a ricevere il potenziale intruso.
Comandano le “nonne”
Gli elefanti, durante gli oltre 60 anni di vita, archiviano nel grande e potente cervello le loro conoscenze: così i giovani inesperti si affidano alla saggezza degli anziani.
Sono le femmine più vecchie, le matriarche, a comandare il gruppo. Anche se nei momenti tranquilli tutte le femmine adulte del gruppo partecipano alle decisioni, se sopraggiunge una minaccia ogni membro della famiglia si affida alla matriarca.
Pelle spessa, ma non dappertutto
In genere si pensa che gli elefanti abbiano una pelle spessissima: è vero, ma solo in parte. Su proboscide, gambe e sedere è in effetti spessa 3-4 cm, ma dietro le orecchie, sui fianchi, petto e addome è molto più sottile. Anche le zone più spesse sono comunque molto sensibili perché riccamente innervate: si accorgono di ogni mosca che vi si appoggia.
Proboscide: mille usi
Se la proboscide del pachiderma termina con due dita prensili, hai di fronte un elefante africano; se ne ha uno solo si tratta di un elefante indiano. Formata da più di 100 mila muscoli, la proboscide ha una tale forza che può sollevare pesi di oltre 250 kg, ma è anche così sensibile che consente di strappare un solo filo d’erba. Serve anche per barrire, portare acqua e cibo alla bocca, lanciare fango.
La proboscide, inoltre, è usata anche per comunicare con una specie di linguaggio dei segni. Se forma una “S” significa “voglio far conoscenza”. Se, invece, le incrociano si stanno salutando, come una stretta di mano.
Non possono saltare
A differenza di molti mammiferi, le ossa delle zampe degli elefanti sono fatte in modo tale da non avere “la molla” necessaria per saltare. Del resto, non ne hanno bisogno: per difendersi dai predatori adottano altri sistemi. Non è vero però che sono gli unici mammiferi a non poterlo fare: anche ippopotami e rinoceronti non saltano.
Dormono poco
L’elefante è tra gli animali che dorme di meno: La sua priorità è nutrirsi, per cui dedica al sonno circa 3-4 ore al giorno. Non è vero che dorme solo stando in piedi. Se il sonno è lungo e non solo un breve pisolino si stende per terra e spesso russa!
Oltre alle scoperte scientifiche fatte su questo animale, nei secoli sono nate anche numerose storie e leggende.
Una delle tante leggende riguardante l’elefante tratta dell’ultima incarnazione di Buddha. Un elefante bianco fu l’ultima incarnazione di Buddha prima che rinascesse come uomo per portare pace e serenità sulla terra.
L’elefante bianco apparì in sogno alla regina Maya, madre di Buddha. Esso teneva un fiore di loto bianco nella proboscide d’argento, emise un lungo grido, barrì tre volte e toccò il pavimento con la fronte, poi colpì delicatamente il fianco destro di Maya ed entrò nel suo grembo.
In seguito a quel sogno gli astrologi di corte predissero la nascita di una grande profeta.
Tutto questo succedeva 2500 anni fa e ancora oggi gli elefanti bianchi sono animali sacri. Oggi sappiamo che gli elefanti sacri non sono davvero bianchi, ma di colore grigio chiaro tendente al rosa, spesso con delle macchie nere simili alle nostre lentiggini sulla fronte.
Gli elefanti sembrano consci della morte, al punto di onorare i propri simili con rituali del tutto assimilabili al lutto.
Tutte queste parole, che ho scritto sugli elefanti, le dedico a te meravigliosa creatura, che per colpa della mano malvagia dell’uomo sei volata insieme al tuo piccolo sul ponte dell’arcobaleno.
Il 12 di agosto è la giornata mondiale dell’elefante, ma non solo un giorno bisogna festeggiare l’elefante, bisogna festeggiare sempre la fortuna di essere circondati da meravigliose e intelligenti creature.