“Mamma, non posso uscire”. Adolescenti e genitori alla prova della quarantena
Di Elena Esposto ed Eliana Esposto
Essere genitori, a volte, è un mestiere difficile, soprattutto di un figlio adolescente. Se poi ci mettiamo una situazione di quarantena il mix è praticamente perfetto.
Nelle ultime settimane è stato frequente imbattersi in onesti cittadini indignati per il gran numero di ragazzi e adolescenti ancora in giro a piede libero, noncuranti delle regole che impongono a tutti di stare a casa, non di rado colpevolizzando le famiglie che dovrebbero controllare di più i loro figli.
Che adolescenti e regole siano da sempre un binomio infelice non serve essere un esperto di pedagogia per dirlo. Quello che però non dovremmo dimenticare è che questi ragazzi sono responsabilità di famiglie che talvolta faticano a mantenere un controllo su di loro.
Le casistiche possono essere le più svariate: genitori single, con lavori dai turni massacranti che li portano ad essere spesso assenti, la presenza di altri membri della famiglia malati o che necessitano di assistenza, o anche più semplicemente famiglie che non desiderano occuparsi dei figli, o che hanno da troppo tempo delegato il compito educativo ad altri soggetti.
Ma anche per quei genitori che possono e vogliono occuparsi dei propri figli nel modo migliore la situazione attuale presenta delle sfide notevoli.
Scontrarsi con il bisogno vitale dell’adolescente di stare con i propri coetanei, per dirne una. Se quotidianamente i giornali ci deliziano con le autocertificazioni di adulti che si sono inventati le scuse più improbabili per incontrare quella ragazza, quel fidanzato o quell’amante viene facile pensare a cosa può voler dire barricare un adolescente in casa e impedirgli di vedere i suoi amici.
Una seconda sfida è la necessità di spiegare che la limitazione della libertà è per il nostro bene e quello degli altri. Chi non si ricorda di quanto suonavano odiose le abusatissime parole “è per il tuo bene”? Ma se in condizioni normali, e per piccole trasgressioni, ci si può permettere di lasciar correre, di lasciare che “ci sbattano il naso” e che l’errore aiuti a crescere e a imparare, questa volta non è possibile.
La naturale ribellione dell’adolescente all’autorità è stata anche alimentata dal fatto che, almeno in una prima fase, non si è riusciti a far emergere un’autorità credibile e compatta. Tra chi diceva che era solo un’influenza e chi gridava all’emergenza le voci dei genitori andavano perse nella confusione e più facilmente contestate.
È sicuramente un arduo compito accompagnare i figli verso la responsabilizzazione affinché la rinuncia alla libertà per il bene collettivo diventi una scelta matura e consapevole. Ma alla fine, parlandone e discutendone in modo aperto e ragionevole si può riuscire a superare le difficoltà, e a ottenere che i ragazzi non solo interiorizzino consapevolmente le regole, ma diventino perfino più ligi e responsabili degli adulti stessi.
Per un educatore significa come prima cosa essere coerente in prima persona, e sappiamo quanto è difficile per chiunque questa situazione di confinamento.
Significa essere capaci di sdrammatizzare, sorridere e cercare il dialogo, sempre. Perché, per quanto sia facile a volte dimenticarlo, gli adolescenti non sono solo piccoli adulti arrabbiati e ribelli. Sono individui in formazione, talvolta fragili, che hanno ancora bisogno di accompagnamento e rassicurazioni, tanto più in un momento come questo, così fosco e carico di incertezze.