Anna e le altre
Le donne e l’amore nella famiglia borghese vista dalle lenti del romanzo di adulterio
Di Elena Esposto
La prima volta che lessi Anna Karenina avevo ventitré anni. Era un maggio caldo a Milano, e qualche settimana dopo aver finito il libro alcuni amici mi invitarono ad andare al cinema a vedere il film, quello con Keira Knightley, che non avrebbe minimamente lasciato il segno se non fosse stato per l’animata discussione che ne seguì tra le due fazioni in cui si era spaccato il nostro gruppo.
Da un lato i sostenitori di Karenin, rimasti impassibili davanti al suicidio di Anna la quale, secondo loro, era comunque andata a cercarsela; propugnatori del diritto del marito di essere unico e solo possessore del corpo, dell’anima e della mente della moglie che, a sua volta, ha il dovere di totale devozione e l’assoluto divieto di “zoccoleggiare”.
Dall’altro lato invece i simpatizzanti di Anna e feroci critici di Karenin, perché in fondo, diciamocelo, la colpa è anche in gran parte del marito cornuto che non riuscendo a soddisfare al pieno la moglie finisce per perderla.
L’aspetto interessante di queste due visioni del mondo è che hanno la stessa matrice maschilista e patriarcale: da un lato la donna come “bene” che il marito possiede e di cui può disporre come crede; dall’altro l’uomo che deve provvedere a soddisfare la moglie in ogni aspetto dell’esistenza, pena la perdita di quel “bene” e, naturalmente, il ridicolo.
In tutto ciò le esigenze, i desideri e le istanze profonde dei personaggi, e soprattutto delle donne, vengono completamente dimenticati e calpestati.
In Anna Karenina l’adulterio non è visto come moto di liberazione e tensione verso il vero amore. Come succederà anche per altre adultere famose come ad esempio Emma Bovary, la relazione di Anna con Vronskij rimane quasi marginale per tutta la lunghezza del romanzo.
Il vero protagonista della storia è l’adulterio visto come l’antitesi all’ordine e all’unione, in primis della famiglia e in ultima istanza dell’intera società.
Il tema dell’amore adulterino e libertino ha un grande spazio fin dalla letteratura antica. Nella mitologia greca perfino gli dei non erano esenti dalle passioni che li portavano a tradire i mariti o le mogli.
L’interesse per questi argomenti non ci deve certo stupire. Come scrisse Fredrik Sjöberg “a parte i soldi, il sesso e le disavventure dei conoscenti, ci sono pochi argomenti in grado di destare un’attenzione incondizionata”. E i romanzi di cui tratteremo in qualche modo toccano questi argomenti.
Se fino al Settecento i romanzi di adulterio rimangono leggeri, quando non velati da bagliori di comicità, è nell’Ottocento che essi si caricano di pathos tragico.
Questa svolta non è casuale. Il diciannovesimo secolo vede l’affermarsi della società borghese le cui strutture si impongono nei meccanismi di produzione e riproduzione. La famiglia diventa pilastro della società, alle donne vengono associati i ruoli granitici di mogli e madri, e qualsiasi affronto alle istituzioni di famiglia e matrimonio viene percepito come un affronto all’ordine sociale costituito. Di nuovo, non è un caso se le adultere dell’Ottocento subiscono tutte fini violente.
Come scrive Tony Tanner nel saggio L’adulterio nel romanzo, “è ben noto come la società borghese tenda ad imporre ai suoi membri ruoli univoci […] Da questo punto di vista, l’adulterio introduce una sgradita equivocità nella desiderata univocità dei ruoli sociali. […] In termini sociali, la moglie infedele è una figura che si autocancella, una figura che la società vorrebbe, se potesse, non riconoscere, in modo da negarne socialmente e categoricamente l’esistenza”.
La donna adultera mette in crisi le strutture sociali di famiglia e matrimonio portandone alla luce le contraddizioni e l’innaturalità. La moglie e la madre borghese è costretta a mettere da parte la propria individualità, le istanze profonde, le passioni e le scelte. È la società stessa che le impone di rinunciare alla parte più omnicomprensiva e accogliente della femminilità, caratteristiche che verranno riscattate nei romanzi successivi come, ad esempio, nell’Ulysses di Joyce.
Ma per ora, la moglie borghese si trova ingabbiata in istituzioni che mediano la libertà del suo essere donna con ciò che la società si aspetta da lei, e che al crollo di tale mediazione diventerebbero inconciliabili.
Sempre Tanner afferma che “la figura della moglie implica la femmina biologica, la figlia obbediente, la compagna fedele, la madre responsabile, la cristiana devota, e armonizza i vari livelli da cui derivano queste diverse identità. Ma se il matrimonio comincia a vacillare, allora le diverse identità e i ruoli si separano ed entrano in conflitto, così che, per esempio, la femmina non si ritrova nella moglie, e la moglie si sente distinta dalla madre.”
Figli del loro tempo, i romanzi di adulterio sono stati scritti pressoché tutti da uomini, e le loro “eroine” spesso non hanno abbastanza spazio per essere donne a 360 gradi.
“Anna e le altre” nasce come uno spazio di riflessione a puntate sui ruoli di genere nelle istituzioni sociali di coppia, famiglia e matrimonio a partire dalle storie delle protagoniste di questi romanzi, cercando di uscire dal dualismo moglie insoddisfatta – marito cornuto, e cercando di dare più spazio ad una visione integrata della femminilità. Nella prossima puntata… Anna Karenina.