Un libro sotto l’ombrellone: “Zuleika apre gli occhi”
Di Erica Caimi
Visto che si avvicinano le vacanze estive, vorrei consigliarvi un libro impegnativo e avvincente da portare con voi sotto l’ombrellone. Si tratta del romanzo d’esordio della scrittrice russa Guzel’ Jachina “Zuleika apre gli occhi” edito da Salani (titolo originale: “Zulejkhà otkryvaet glazà”). La vicenda si apre in uno sperduto villaggio tataro, in cui la protagonista, una giovane contadina di nome Zuleika, vive con il marito, che la maltratta continuamente, e la suocera, altrettanto terribile e spietata. Un giorno la sua vita viene drammaticamente sconvolta: siamo nel 1930 quando Stalin ordina la «dekulakizzazione», ossia l’eliminazione dei contadini ritenuti “benestanti”, e lei, in quanto tale, viene deportata in Siberia insieme a un folto gruppo di persone di ogni estrazione sociale. Man mano che il trasferimento procede, il numero di prigionieri si assottiglia: per sfinimento, per annegamento, per malattia, fino a ridursi a una manciata di individui stremati dalla fatica. Una delle poche consolazioni per Zuleika, rimasta anche vedova, è l’amicizia con un rinomato chirurgo che, per difendersi dagli stravolgimenti politici, si è rifugiato in un guscio di apparente follia. Una volta arrivata a destinazione, la donna scopre di essere incinta. La vita si rivela fin da subito durissima, un’autentica lotta per la sopravvivenza. Eppure Zuleika trova sempre un motivo per andare avanti, la sua voglia di vivere è più forte di ogni ostilità e dà prova di essere più libera nel campo stalinista di quanto non fosse nella sua vita precedente. Nel frattempo, il figlio Jusuf cresce e potrà forse sperare in un futuro migliore.
Se molti scrittori hanno tentato di raccontare i momenti più bui della storia sovietica, la Jakhina passa dalla porta di servizio, insegue le vicende di un personaggio “minore”, un’anonima contadina analfabeta, per aprire un gigantesco squarcio nella Storia. Questo ci ricorda che i grandi fatti della Storia studiata sui libri di scuola s’intrecciano alle vicende personali di uomini e donne qualunque che si sono trovati a vivere un momento storico che ha deviato il corso delle loro esistenze. Date, guerre, invasioni, stermini non sono un noioso elenco di avvenimenti successi qua e là nel mondo in un determinato periodo storico, ma ogni singolo passo della Grande Storia si mostra coi volti di coloro che l’hanno vissuta e parla attraverso le voci dei testimoni, che siano leader politici, soldati semplici o comuni cittadini.
L’autrice è abile nel ricostruire il contesto, nessuna riga, nessun riferimento storico, nessun episodio è fuori posto. Ma la grande potenza del romanzo sta nella sua capacità di imprigionare nelle pagine l’essenza del carattere russo di una certa generazione: non suscita compatimento per le miserie umane e non crea personaggi stucchevolmente mielosi (com’è tipico di alcuni best sellers americani). Ne emerge il ritratto di un amore materno semplice ma per nulla retorico, un amore che non porta alla salvezza né alla redenzione, ma che sembra, nella sua esile semplicità, quello che è effettivamente. Non per nulla Ljudmila Ulickaja ha definito questo romanzo «Un inno potentissimo all’amore a alla tenerezza anche all’inferno.»