Sepur Zarco: quello che la storia ha fatto alle donne e quello che le donne hanno fatto per la storia
Di Elena Esposto
Nel 1988 Gisela Bock scriveva: “Non si tratta solo delle donne nella storia, ma della storia delle donne, delle esperienze delle donne nella storia e della storia”.
Partiamo da un fatto: uomini e donne fanno esperienze diverse della storia, anche quella che generalmente viene considerata “universale”, ma che ad uno sguardo più attento appare subito per ciò che è: la storia degli uomini, fatta dagli uomini e raccontata dagli uomini.
Consideriamo ad esempio la guerra. Donne e uomini, nella storia più o meno recente, hanno vissuto i conflitti in modi molto differenti, non solo per i ruoli che la società e la cultura assegna loro, ma anche per gli squilibri di potere che, generalmente, rendono le prime più vulnerabili.
Il trentennio di guerra civile del Guatemala ne è un esempio lampante. Durante quel periodo le donne vissero orrori e atrocità solo per il fatto di essere donne: vennero usate come mezzo per punire gli uomini che venivano considerati nemici; vennero abusate e schiavizzate; lo stupro divenne uno strumento di intimidazione contro coloro che si recavano alle basi militari a cercare i familiari scomparsi; dopo essere state stuprate le donne venivano uccise, spesso lasciate a bruciare vive nelle loro case dopo che i soldati avevano dato fuoco ai villaggi.
I crimini contro il genere femminile perpetrati dalla dittatura Guatemalteca oggi sarebbero soltanto l’ennesima pagina buia su cui glissare, se non fosse stato per il coraggio di un gruppo di donne del villaggio di Sepur Zarco che hanno deciso di non subire la Storia ma diventarne protagoniste.
Agli inizi degli anni ’80 a Sepur Zarco fu costruita una base ricreativa per i militari impegnati nella perlustrazione delle montagne. I soldati, dopo aver eliminato gran parte degli uomini requisirono le donne, obbligandole a prestare servizio alla base come schiave domestiche e sessuali. Quelle che non venivano detenute in loco erano comunque costrette a cucinare per i soldati nelle proprie case, dove persisteva il rischio di venire stuprate dagli uomini in pattuglia. L’asservimento delle donne di Sepur Zarco durò fino al 1988, quando la base venne chiusa. Nonostante l’allontanamento dei militari dalla zona e la successiva caduta del regime, nessuna di loro rivide mai più i mariti, i figli, i fratelli o i padri.
Nel 2011, tre associazioni per la difesa dei diritti delle donne si sono schierate al fianco delle donne di Sepur Zarco per chiedere giustizia e nel 2016 il presidente del Tribunale per l’Alto Rischio ha condannato a 120 e 240 anni due ex ufficiali della base per crimini di stupro, omicidio e riduzione in schiavitù.
È la prima volta nella storia che un tribunale nazionale emette una sentenza contro la schiavitù sessuale in tempo di guerra, un crimine la cui punizione viene di solito lasciata alla discrezione delle corti internazionali.
Il caso di Sepur Zarco, però, non è degno di nota solo per la novità della sentenza ma anche, e soprattutto, per il protagonismo femminile che lo ha reso possibile, e per la sua dimensione fortemente comunitaria. Parte della forza del processo contro i loro aguzzini è arrivata dal fatto che le donne hanno combattuto questa battaglia insieme nonostante l’enorme difficoltà nel narrare e nel rivivere le vicende della guerra civile.
Infatti, come riporta il report della Comisión para el Esclarecimiento Histórico, solo “pochissime donne indigene che furono vittime di violenza sessuale condivisero il loro dolore con altre donne, anch’esse vittime della stessa violenza, aumentando il loro isolamento e il senso di colpa”.
Fin dall’inizio le associazioni per i diritti delle donne hanno stimolato il processo partecipatorio attraverso workshop e tecniche come il massaggio o la danza per aiutare a far nascere la fiducia tra le protagoniste e per permettere loro di prendere confidenza con i propri corpi e quelli delle altre. L’instaurarsi di relazioni di sostegno e di fiducia ha permesso alle donne di superare le barriere dello stigma e della vergogna.
La scoperta di non essere da sole, di avere delle compagne che condividevano la loro storia ha contribuito a creare una comunità di donne tanto forte da riuscire ad ottenere giustizia.
Conoscendosi e ri-conoscendosi nelle altre, le donne di Sepur Zarco sono passate dall’essere vittime all’essere protagoniste. Costruendo insieme un nuovo pezzo della storia delle donne hanno inevitabilmente lasciato un segno indelebile in quella del genere umano.